Da qualche anno a questa parte, Budapest sta diventando meta sempre più apprezzata per brevi fughe low-cost. Accanto alle consuete e più famose Parigi, Berlino, Londra e Madrid, si è fatta spazio anche lei, la “perla del Danubio”. Con questo altisonante epiteto è facile associare la città all’eleganza e classicità dell’epoca imperiale. Ma esiste un altro volto, moderno e vivace, fatto di bar, enoteche e caffè in cui è possibile rilassarsi bevendo il meglio che l’Ungheria ha da offrire.
Una sommelier in viaggio va alla ricerca di vini locali per poi ritrovarsi a vagare a passo svelto per le strade della capitale.
E fu così che ho conosciuto il Doblò Wine Bar. L’interno del locale crea l’atmosfera ideale per bere del buon vino in compagnia, tra luci soffuse, archi e pareti in mattoni che danno l’illusione di trovarsi in una vera e propria cantina. Quando si effettua una degustazione il tema luce è molto importante per poter cogliere le giuste sfumature di colore, ma per una volta farò un’eccezione. E infine il tocco di classe: file e file di bottiglie, di etichette diverse e colorate, che stanno dritte una accanto all’altra per mostrarsi in tutta la loro fierezza.
Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo una degustazione di ben quattro vini: un bianco, un rosato, un rosso e un vino passito. Il tutto è accompagnato da un ricco vassoio di stuzzichini e prelibatezze varie, tra cui olive, fette di pane con gustose salsine, cetriolini, affettati e molto altro. La musica in sottofondo accompagna le nostre chiacchiere sulla qualità dei vini e sulla loro storia. I primi tre vini sono deliziosi ma la punta di diamante dell’Ungheria ce la giochiamo con l’ultima carta.
L’Ungheria è infatti famosa per i suoi vini bianchi passiti, di cui il più famoso in assoluto è il Tokay (o Tokaji). Sono talmente particolari che alcuni riescono ad arrivare anche a un residuo zuccherino molto alto come 223 g/l!
La storia della riuscita di questo vino è straordinaria e devo raccontarvela. A causa di una vendemmia rimandata perché gli addetti alla vigna erano stati chiamati alle armi, i grappoli vennero attaccati dalla Botrytis cinerea (nota anche come “muffa nobile” perché, pur essendo una muffa, se ben controllata, può dar vita a dei capolavori enologici). Dopo l’attacco della Botrytis, che appassisce il grappolo, fu deciso che la vendemmia si sarebbe svolta lo stesso. Quando il vino dolce prodotto venne assaggiato, il risultato fu una vera e propria sorpresa in senso qualitativo. Da allora il Tokaji divenne il vino preferito dei nobili e soprattutto dei ricchi d’Europa.
Il passito che ci hanno proposto in degustazione si chiama Disznoko, annata 2000, e ha una gradazione alcolica di ben 16%. Questo passito è formato da due vitigni locali, il Furmint e l’Harslevelu (entrambi vitigni a bacca bianca), che regalano un color giallo ambrato arricchito da sentori di miele, frutta candita, prugna e, all’assaggio, persino cioccolato e mandorla. Un must da assaggiare quando si visita Budapest.
Scommetto che vi è venuta voglia di prendere il primo aereo per correre a degustare. Ma aspettate ancora un po’ perché nel prossimo articolo dedicato alla capitale ungherese vi daremo altre dritte per bere “like a local”.
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