Ci sono viaggi che ti cambiano la vita in un attimo. La Palestina per me è stato questo. L’incanto di paesaggi in cui il tempo sembra essersi fermato e tanti bocconi amari da buttar giù. Di Palestina si sente parlare spesso nei media, soprattutto in questo periodo, ma niente è paragonabile a togliere quel velo che offusca la verità, la scoperta che le cose son ben diverse da come ti vengono raccontate.
Ho passato sette giorni in questa terra, partecipando a un viaggio del tutto particolare dal nome “Un invito poi un Viaggio” promosso dalla rock band The Sun e organizzato dalle associazioni Un ponte per la Terra Santa e Habibi. Avere l’opportunità di entrare all’interno di realtà che operano nel sociale, ascoltare la loro storia, e tornare a casa con la missione di testimoniare quanto visto. Un’esperienza difficile, fatta di stupore e colpi nello stomaco. Ma è un viaggio speciale, vissuto a cuore aperto, che mi ha regalato un peso sulla coscienza, alcune consapevolezze e una nuova visione di vita.
Ma quali sono state le tre esperienze più forti di quest’avventura in Palestina?
Per cominciare non posso che citare Hogar Nino Dios, una realtà unica sul territorio di Betlemme. Si tratta di una casa, gestita dalle religiose della Famiglia del Verbo Incarnato, che accoglie bambini diversamente abili, abbandonati o in grave necessità. In un contesto difficile come quello palestinese, fatto di conflitti quotidiani e di tensione, la condizione di disabilità non è ben accetta dalla società, e questi bambini rischiano di diventare invisibili. Qui invece sono protagonisti di una rinascita personale e collettiva. Sono entrata all’Hogar con l’intenzione di donare e invece sono uscita con la disperata sensazione di aver ricevuto io qualcosa da quei bambini.
Altra tappa fondamentale di questo viaggio è stata il Caritas Baby Hospital, l’unico ospedale pediatrico di tutta la Palestina. Un ospedale che, grazie alla solidarietà locale e internazionale, assiste circa 500 mila bambini. Una concreta testimonianza di come la pace e la coesistenza pacifica tra popoli sia possibile anche in Palestina. Qui infatti, a causa delle limitazioni territoriali del muro, si curano principalmente bambini palestinesi (arabi o cristiani) pur non negando l’assistenza anche ad ebrei qualora vi fosse necessità. Il Caritas Baby Hospital vive grazie alla volontà e al coraggio dei volontari e delle suore. Non percepisce sovvenzioni né dal governo palestinese né da quello israeliano e non riceve aiuti da enti pubblici o umanitari. Le parole con cui ci ha accolto Suor Donatella Lessio sono state come un colpo al cuore. “Non potrete dire che non avete visto o non avete sentito. Perché avete visto e avete sentito. Annunciatelo. Questo è il grido dei cristiani di Terra Santa.” In quel momento ci siamo fatti carico di una storia da raccontare, di una verità da far conoscere, di un testimone scomodo. Quante domande nella mia testa. Cosa potevo fare? Chi ero? Cosa avevo fatto fino a quel momento?
E infine c’è il muro. Perché questa cosa dei muri di separazione non si è esaurita con la caduta del muro di Berlino. Alto 9 metri e lungo 750 km, esso penetra in Cisgiordania e rinchiude un intero popolo in una prigione a cielo aperto. Ma i numeri forse non rendono l’idea di questa vergogna. Ho camminato sotto il muro mentre ascoltavo i racconti di Abuna Mario, un eroe che opera con tenacia in Palestina. Mi sentivo piccola e schiacciata da quel blocco di cemento. Accanto avevo Manar, una ragazza palestinese con cui avevo chiaccherato in chat prima di partire. Eravamo tutte e due sotto a quel muro. Ma io poi me ne sarei andata per tornare a essere libera. Lei sarebbe rimasta lì. Quanto è cambiata la percezione della mia vita mentre mi trovavo in quella situazione. Quel muro punisce, limita, offende e insegna. Insegna che c’è qualcuno nel mondo per cui vivere significa resistere ogni santo giorno della sua vita. Mentre io scrivo, rido, scherzo e viaggio. E allora, forse, l’unico modo per dare un senso al mio viaggiare, è raccontare, nel bene o nel male.
Il pellegrinaggio “un Invito poi un Viaggio” sarà disponibile anche nel 2016 con un programma ancora più ampio (è prevista anche una tappa nel deserto del Negev). Sarà organizzato dai The Sun in collaborazione con l’associazione no-profit Officina del Sole. Se volete cogliere l’occasione di visitare la Terra Santa e di viverla a cuore aperto, consultate il sito del progetto (clicca qui).
“Accolgo il mondo, non mi spavento” (da Betlemme di The Sun)
4 Comments
E’ stato un viaggio denso e profondo anche per me.
La Palestina è un paese poco compreso ma è altrettanto profondo. Tra l’altro abbiamo notato che anche tu sei un amante del Grande Nord. Ci piace. Tu quando sei stato in Palestina?
Complimenti! Anche io ho la Palestrina nel cuore. Questi sono viaggi. Chiara
Credo la bellezza di questa terra sia direttamente proporzionale alla sofferenza che ospita quotidianamente. Ma questi sono viaggi che ti cambiano e che ti riportano a casa con più domande e dubbi di quelli che avevi prima. La Palestina nel nostro cuore…