Islanda

Omar Di Felice: Ultracycling sulle vie dell’Artico

19/04/2016

Qualche mese fa, grazie al gruppo Facebook “Amici dell’Islanda”, ho conosciuto per caso Omar Di Felice, proprio nel periodo in cui cominciava la sua avventura di Ultracyling in Islanda. Di lui e di questa disciplina estrema non sapevo niente, ma le immagini e le parole che scorrevano sulla sua pagina mi tenevano incollata allo schermo chilometro dopo chilometro. E poi tutta una serie di frasi che mi hanno fatto battere il cuore, fino a comprendere che aprire questa rubrica con la sua intervista sarebbe stato il miglior inizio per “Arctic Lover“.

“Quassù la strada sembra portarti sino in cielo…Oggi è stata la prima giornata di questa avventura che definire “impresa” sarebbe riduttivo. È un viaggio mentale, un’esperienza ai limiti del misticismo. Dove la felicità e la passione si fondono tra di loro generando un’esplosione di emozioni che non riesco a raccontarvi. Lui ama l’Artico. Ne sono certa.

Omar Islanda 2Omar Islanda 1La passione di Omar per il ciclismo ha radici molto lontane. “A 13 anni mi innamorai del ciclismo su strada vedendo le imprese di Marco Pantani al Giro d’Italia, e da quel giorno ho deciso che avrei avuto una bici da corsa.

Già da ragazzo amava percorrere lunghe distanze per andare alla scoperta dei luoghi più lontani che potesse raggiungere pedalando, ma solo nel  2011, dopo aver concluso la carriera nel ciclismo tradizionale con un anno nella categoria dei professionisti, l’Ultracycling è diventato il suo “mondo”, anche quando non pedala.

“L’Ultracycling da passione è diventata lavoro a tutti gli effetti. Perché ho sempre guardato allo sport con l’occhio di chi sa che la carriera dura uno spazio temporale. Così, quando ho capito che il gioco iniziava a farsi serio, ho impostato la mia vita affinché in futuro il ciclismo possa comunque occupare la mia sfera professionale. Ho studiato e studio ogni giorno per poter essere un buon biomeccanico e per offrire le mie consulenze professionali sia a chi si avvicina alla pratica di questo sport, sia ai tanti brand che credono in me e che mi hanno affidato ruoli di marketing legati alla loro promozione. Da poco ho anche aperto uno studio presso il Balduina BikeShop di Roma dove potete trovarmi!”

Omar Islanda 01Omar Islanda 31. Cosa significa essere un Ultracycler?

Per me l’estremo è diventato uno stile di vita. La continua ricerca del mio limite mi spinge a confrontarmi con percorsi nuovi, cercando angoli di mondo e salite da percorrere in sella alla mia bici. Da una parte c’è il lato agonistico, fatto di gare e competizioni, dall’altra c’è quello prettamente “esplorativo” che mi porta a disegnare percorsi estremi e a ricercare avventure sempre più difficili e al limite del percorribile.

2. Da un punto di vista meno tecnico e più “emozionale”, cosa cambia dal ciclismo tradizionale all’Ultracycling? Senza dubbio alcune componenti come l’adrenalina e il senso della competizione saranno in comune.

Il lato agonistico è esattamente lo stesso, anche se la competizione e i tempi lunghi delle gare fanno sì che il campo di battaglia sia dilatato rispetto alle tradizionali corse di 6-8 ore. Tutto diventa più incerto, e questa, forse, è una delle cose che preferisco. Non sempre vince il più forte, ma chi ci ha creduto maggiormente. La testa è un aspetto fondamentale per vincere una gara di 24 ore e oltre! L’adrenalina delle ultime fasi di gara, quando ti rendi conto che stai terminando qualcosa di grande, fa sparire stanchezza, sonno e fame.

La cosa che amo maggiormente dell’Ultracycling, è sedermi al pc dopo aver concluso un giro estremo, caricare la traccia e rivedere il percorso sulla mappa, perché il più delle volte ti accorgi della grandezza di quanto fatto.

Omar Islanda 43. In un post del tuo blog affermi “Da sempre amo l’artico: su di me ha un fascino particolare. L’alta quota, il freddo intenso, il Circolo Polare”, parole che sentiamo molto vicine anche noi. In che modo hai cominciato ad amare l’Artico e quali sono le sensazioni della prima volta che lo hai esplorato?

L’Artico mi ha affascinato sin da ragazzino. L’ho scoperto con un primo viaggio in Islanda nel 2008, ovviamente in inverno! Ricordo l’atterraggio il giorno di Natale, in un clima da Polo Nord: bufera di neve e visibilità zero. Da quel giorno è stato amore a prima vista e mi sono promesso che un giorno avrei preso la mia bici e avrei provato a solcare quelle terre semplicemente pedalando. Da allora ci sono tornato altre 4 volte tra vacanze e avventure in bici. E ci tornerò anche a Giugno per partecipare alla gara estrema Wow Cyclothon.

4. Il freddo è il grande protagonista degli inverni artici. Esso è un nemico da combattere e sfidare ma, a tratti, sembra quasi un compagno di viaggio a cui ci si abitua e del quale in fondo non si riesce più a farne a meno. Come riesci a superare queste condizioni estreme e a coniugarle con la tua sfida?

Per me non esiste sfida estrema senza il freddo. Solitamente in inverno gli sportivi gettano le basi per la stagione che verrà, io invece amo cimentarmi con l’Artico. Adoro quel freddo e quel silenzio assordante in grado di arrivarti dritto al cuore. C’è più rumore lassù, dentro di te, che nel caos della città!

Omar Islanda 6Omar Islanda 75. Come ti prepari prima di una spedizione impegnativa come quella appena conclusa?

La preparazione ormai è più mentale che fisica. Bisogna essere altamente concentrati e motivati per portare a termine una sfida così difficile. Basta la minima indecisione per cadere e non rialzarsi più. L’estremo non perdona. Devi sentire dentro quel richiamo, altrimenti è meglio rimanere a casa.

Tecnicamente cerco di non farmi trovare impreparato: abbigliamento tecnico studiato con anticipo e alimentazione abbondante basata su un consistente apporto di grassi. Nel freddo dell’Artico è fondamentale bilanciare l’apporto calorico visto l’altissimo dispendio energetico dovuto a un tipo di performance in cui il fisico è messo a dura prova anche solo per mantenere attive le normali funzioni vitali.

6. Qual’è il ricordo più bello della notte artica durante l’avventura “Lapland: the road to Nordkapp”?

Il momento in cui agganci il pedale e parti per la tua avventura è uno di quelli che ricordo con maggior dolcezza. Sicuramente, però, quando ho visto crollare la temperatura a -34 gradi e mi sono ritrovato a pedalare in condizioni mai testate prima, con la pelle che aveva smesso di provare anche la sensazione di fatica dovuta al freddo, mi sono veramente emozionato: stavo facendo qualcosa di mai provato prima, vestito da ciclista “normale” e su una consueta bici da strada, seppur equipaggiata con alcuni chiodi per aumentarne la tenuta.

Omar Islanda 57. L’artico è un ambiente ostico e difficile, sopratutto in inverno. Un viaggio in questa zona del mondo, con qualsiasi mezzo, porta a confrontarsi con qualcosa di molto più grande e immenso, la natura. Cosa ti ha insegnato l’Artico?

Quando ti ritrovi immerso nella natura, capisci quanto siamo piccoli al suo cospetto. Non puoi approcciarti all’Artico con troppa spavalderia o sicurezza: bisogna entrare in punta di piedi, chiedendo permesso con rispetto e umiltà. Altrimenti la natura può “ingoiarti” dentro di sé.

8. Qual è la situazione più estrema in cui ti sei trovato?

Quella che riguarda la privazione del sonno non è la più estrema ma è senz’altro la più complicata da gestire. In gare di 30 e più ore, il sonno inizia a diventare un problema. Abituare il fisico a riposare solo 20-30 minuti al giorno e ripetere lo stesso sforzo per più giorni consecutivi è la cosa più difficile da fare.

Omar Islanda 8Omar Islanda 129. Negli ultimi anni si discute sempre più spesso sulle conseguenze del turismo di massa su luoghi “selvaggi” e incontaminati, come sta accadendo in Islanda. Il timore che questi ambienti naturali possano cambiare volto a causa del crescente flusso turistico è forte e sentito. Proprio qualche giorno fa leggevamo una discussione al riguardo sul gruppo Facebook “Amici dell’Islanda”, rinvenendo amarezza e preoccupazione al tempo stesso. Cosa ne pensi? Riusciremo a trovare una soluzione “sostenibile” al problema?

Quando mi alleno in posti isolati e semi dimenticati, anche a due passi dal caos di Roma, mi domando come mai la gente non sappia apprezzarli. Poi mi fermo un attimo ed egoisticamente mi scopro felice che certi luoghi non siano ancora stati presi d’assalto dalle masse. Pero l’Islanda mi sembra molto attenta alla cura del proprio territorio, e penso sia in grado di preservarlo al meglio dal turismo di massa.

10. Dopo “Lapland: road to Nordkapp”, “Back to the Artic 2016” e due diverse imprese in Islanda (in 4 e 6 tappe), dove sogni di ambientare la tua prossima sfida?

Le mie prossime sfide 2016 saranno in posti “normali”. Ormai l’inverno è terminato e per quest’anno ho fatto molto più di quanto avessi preventivato. Il richiamo dell’Artico però è troppo forte, per cui già da ora sto pensando a nuove mete e avventure glaciali!

Omar Islanda 10E adesso ditemi che non vi ha fatto sognare. Ringrazio infinitamente Omar per la gentilezza e disponibilità nel farsi conoscere e lasciarsi intervistare. Noi, e speriamo pure voi lettori, continueremo a seguirlo sui suoi canali per rimanere a bocca aperta e meravigliarci ad ogni pedalata, artica e non.

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